Battito d'ali nel folto dei tigli

Battito d’ali nel folto dei tigli

 

Battito d’ali nel folto dei tigli. Verso la cima. Breve silenzio. Segue un battibeccare concitato. Come tra marito e moglie in cucina. Un uccello esce precipitosamente dal fogliame. L’altro lo segue. Lo insegue ( senza mattarello in mano per dare seguito alla metafora ). Spariscono. Ma subito, con frettolosi e rapidi colpi d’ala, ritornano al nido. Rappacificati, sembra. Un tubare sommesso si percepisce. Uno scuotimento leggero di foglie. Non sono né gazze. Né corvi. Neppure piccioni. No. I piccioni hanno eletto i davanzali delle finestre dietro le imposte semichiuse e la rientranza della lunetta sotto al balcone della villa abbandonata per mettere su casa. Più verosimilmente tortore. Per il piumaggio grigio soffice. E una certa eleganza nel volo. Guardare con attenzione. Niente più si muove nel fitto fogliame. Tutto è tranquillo. Silenzioso. Un ciangottare flebile, di tanto in tanto, come nel sonno.

 

Aver seguito con curiosità la vicenda della coppia piumata da un angolo della serra. E essere spinti da quei colpi d’ala a indagare, per analogia, sul battito d’ali degli angeli.

Per questo richiamare alla mente gli angeli dipinti dagli artisti più famosi che si ricordano. Gli arcangeli Gabriele delle annunciazioni, gli angeli delle lotte con il diavolo e con il drago, gli angeli delle crocifissioni e dei miracoli, gli angeli dei sogni e della veglie, gli angeli custodi, gli angeli letterari, gli angeli musicanti, gli angeli cinematografici. Angeli e Arcangeli. Serafini e Cherubini. Con ali aperte, ali chiuse, ali plananti, ali pesanti, ali sottili, ali sfrangiate, ali appena abbozzate, ali a punte lunghe, ali a punte arrotondate, ali sussurranti…Fermarsi per non rischiare di perdersi in quella varietà, in quell’assortimento sterminato d’ali, in quel frullio d’aria, di luce, di vesti, di piedi nudi e di calzari, di piume. Soffermarsi sull’ Arcangelo Gabriele delle Annunciazioni del Beato Angelico che sfoggia ali a punte lunghe come quelle dei rondoni, che tengono testa al vento e sono perennemente in volo a cacciare gli insetti, ma caduti a terra, per errore o incidente, le ali incrociate sul dorso, eccoli goffi e vulnerabili. Ricordare gli angioletti di Raffaello ai piedi della Madonna Sistina con alucce decorative da cinciallegra, le braccine e le manine paffute, lo sguardo interrogativo e dubbioso rivolta all’insù, affiancati all’istante da quelli pop ritratti sulle magliette di Fiorucci con coroncina, stellina e occhiali da sole colorati. Ma ecco che gli angeli del Caravaggio irrompono con prepotenza. Quello di san Matteo e l’angelo che sbuca dal buio del soffitto con un lenzuolo intorno ai fianchi, come un vortice, o quello della Fuga in Egitto dove  se ne sta bello composto e suona il violino davanti alla famigliola esausta per il lungo cammino, o  l’angelo (Cupido)nell’Omnia vincit amor con le ali nere che spuntano da dietro la schiena posticce e inservibili al volo (così simili a quelle con gli elastici che si usavano in collegio per le recite, sempre bianche però, mai nere e le piume di carta crespata che si arricciavano e ingiallivano, anno dopo anno). Nessuno di questi è confacente al caso. Rivolgersi a Leonardo. Leonardo era scienziato, aveva studiato il volo, e lasciato un meticoloso studio Il Codice sul volo degli uccelli sull’anatomia delle ali degli uccelli e sul loro apparato per la funzione del volo (tra i testi e i disegni del Codice affiora nel manoscritto il progetto della macchina volante più evoluta Il grande nibbio, che prende il nome dall’uccello che lui stesso dichiara di osservare). Dunque concedere molto al battito d’ali dei suoi angeli. Ricordare quello che appare nell’Annunciazione degli Uffizi dove l’angelo è raffigurato come appena disceso con le sue ali battenti, un attimo prima di richiudersi, difronte alla Vergine.

Riuscire con facilità a immaginare il planare di tutti questi angeli sul pavimento di stanze e stanzucce, o sopra nuvole, o prati, o spianate…ma interrogarsi poi come a missione compiuta riescano a imprimere al loro corpo l’impulso sufficiente a spiccare il volo dal suolo per riprendere la via del cielo (una breve rincorsa? uno sbattere d’ali veloce e ripetuto? un lancio di prova da un’altura? una spinta dei piedi e …?) sembra davvero un’oziosa divagazione. Perdonabile. Tutto serve per distrarsi dall’assedio del tempo presente.Sospeso. Prepararsi mentalmente. E via. Via. Con volo d’uccello. O volo d’angelo. Andare a trovare le tortore.

 

in Gazzetta di Parma, 18 settembre 2022