Il dono dell'angelo nella Madonna del latte del Correggio

 

Il dono dell’angelo nella Madonna del latte del Correggio

 

La cosa che mi attrae in modo particolare nella Madonna del latte del Correggio (un olio su tavola 68,5 x 87 cm, databile al 1524 circa e conservato nel Museo di Belle Arti di Budapest) e su cui sempre mi soffermo, è il piccolo angelo che distoglie il Bambinello Gesù dal seno della madre, già scoperto per la poppata, offrendogli, sopra un canovaccio di tela grezza, una manciata di piccole pere. E con il viso a lui rivolto e lo sguardo serio sembra dirgli: «Guarda cosa ti ho portato». Ogni volta esamino con attenzione questa piccola scena che si svolge sulla destra del quadro, sforzandomi di capire se quel pezzo di tela che accoglie il dono è parte della stoffa che avvolge il suo corpicino paffuto, o è cosa a sé stante, separata.

A spingermi verso la prima ipotesi è la linea continua delle pennellate ondulate, non spezzate, che seguono il profilo della tela. Allora, così convinta, mi piace pensare che quei frutti siano stati raccolti per caso, che l’angioletto si sia imbattuto in loro mentre andava da Gesù e non sapendo dove metterle, ecco che si era servito di parte della fascia che lo cingeva, allentandola.  (Nel secondo caso invece, il pezzo di tela disgiunto svelerebbe l’intenzione di andare alla pianta per raccogliere i frutti da portare in dono.) Subito dopo passo a guardare con simpatia i frutti offerti. Quelle pere. Le riconosco senza difficoltà. Nel podere di san Lazzaro dove ho abitato per tanti anni, c’erano alberi che davano quel tipo di pera, Pera Nobile.

Dopo aver percorso il vialetto ghiaiato che attraversava il giardino sul retro della villa, varcato il cancelletto verde, iniziava una lunga dritta carraia che portava al vigneto, al campo di grano, di patate, di cipolle (le coltivazioni cambiavano di anno in anno perché soggette alla rotazione delle semine), al pozzo, e fiancheggiata, per un buon tratto, da vecchi alberi da frutta. Meli e susini e ciliegi e ciliegi amarena e peri. Questi ultimi non solo nella varietà del Pero Nobile, come detto, ma anche del Pero Butirro. (Una pianta di butirro dalla corteccia grigia, squamata e segnata da incavi e da profonde spaccature, cresceva anche all’interno ben ordinato del giardino, in un quadrato assolato circondato dalla siepe di bosso, e io e le vespe al tempo della maturazione, a fine agosto, ci contendevamo quei frutti dalla polpa bianca succosa inarrivabile .)E in autunni sfolgoranti d’oro per le foglie delle viti che ingiallivano sui tralci e tra i filari, per i fiori dei topinambur che ondeggiavano sulle rive dei canali, si raccoglievano mele e pere. E non si stava a guardare se i frutti erano in parte marci o scavati dalle vespe o dalle formiche, ma si prendevano tutti indistintamente, a cominciare da quelli caduti ai piedi della pianta, e si portavano a casa. Al pomeriggio, in cucina, si rovesciavano i cestini sul piano di marmo del tavolo per farne una cernita: i frutti sani venivano disposti in cassette e si riponevano in cantina, al buio e al fresco; gli altri invece, puliti e sbucciati e tagliati a tocchetti e cotti nel vino, servivano per composte o torte da consumare nei giorni seguenti. Come mi piaceva fare tutto questo. Come mi piaceva uscire di casa, imboccare la carraia con il mio cestino sottobraccio. E respirare quell’odore di frutta matura, di terra, di sole, di erba, di secco, di umido. Odore d’autunno. E sporcarsi le mani. Toccare. Prendere. Assaggiare. Cogliere. Raccogliere. Le noci. Le nocciole. Le meline. Le piccole pere verdi. Le stesse offerte dall’angelo a Gesù Bambino. Gesù si gira, lascia il seno gonfio di latte della madre, scivola sul suo grembo, e con la manina aperta sembra voler toccare, afferrare qualcuna di quelle piccole pere dal lungo picciolo. La buccia è verde, la polpa ancora troppo dura per essere mangiata, anche se qualcuna si rivela già matura per quei deliziosi tocchi di giallo, di rosso acceso. Che le fa assomigliare alle ciliegie. Ma non sono ciliegie.  Quel rosso non prefigura la passione e la morte di Gesù. Quei frutti ancora acerbi (la polpa soda si presta ad essere maneggiata) vogliono essere dei giochi, sono dei giochi colorati in cui tuffare le manine paffute, prenderli, mescolarli, offrirseli, scambiarseli. Provare anche a portarsi alla bocca le perine più mature (quelle con il segno giallo e rosso sulla buccia), provare a morderle, a succhiarne la polpa facendo piccole smorfie perché il succo conserva un che di brusco alla fine, che quasi lega in bocca. E allora ecco prorompere come polla d’acqua il riso infantile e complice del Bambinello Gesù e dell’angelo sotto lo sguardo indulgente della Madonna. Lasciarli giocare questi due bambini. Con quelle piccole pere verdi. Come giocano i bambini. Ignari. Felici.

  

In ALI (Associazione Liberi Incisori di Bologna) 2022, Nello spirito del Correggio