Meret e i crochi

Meret e i crochi

 

Meret gironzolava per il giardino con il suo inseparabile bastoncino di nocciolo. E scompigliava allegramente i mucchi delle foglie secche che incontrava. L’aria era fredda malgrado il sole che splendeva nel cielo limpido; le cime dei monti all’orizzonte erano coperte di neve, e gli alberi del parco, spogli e silenziosi, ancora addormentati. Nel viale che portava al cancello si imbatté nel salice spezzato dal vento.

Al suo sguardo curioso e attento non sfuggì la morbida costruzione che si alzava al centro del ceppo, segno inequivocabile che lì sotto c’era un formicaio. E che erano state le forti mandibole delle formiche a triturare la polpa chiara del legno, a mescolarla alla terra, a rametti secchi, agli aghi degli abeti per costruire il nido. Naturalmente  non resistette alla tentazione di affondarvi più volte il bastoncino per gettare un po’ di confusione nella colonia delle formiche che infatti, allarmate e innervosite per quell’attacco improvviso, incominciarono subito a correre qua e là per riparare al danno provocato e portare in salvo le uova e le larve. Stava ancora osservando il gran daffare che aveva provocato, quando fu distratta da una macchia chiara ai margini del viale dove cresceva un’erbetta corta e brillante.

«I crochi!» esclamò. E si affrettò a raggiungerli. «Sono tutti aperti!»

Si inginocchiò e affondò il viso nei piccoli fiori bianchi screziati di viola. Respirò un buon odore di terra umida, di foglie marce, di legno, ma non riuscì a coglierne neppure il più tenue profumo anche se provava e riprovava tuffando il naso ora in un punto ora in un altro di quella magnifica chiazza. 

Quando si sollevò, una delicata, leggera polvere gialla le si era posata sul naso, sulle guance, sui capelli, e il polline (perché di questo si trattava) raccolto dal cuore dei crochi, le solleticava le narici provocandole ripetuti starnuti.  Ne fece un mazzetto e tornò a casa.

«Guarda, mamma,» disse appena entrata in cucina.

«I crochi!» disse allegra la mamma prendendo il mazzetto che Meret le offriva.

«Ho provato ad annusare ma non ho sentito niente».

«Si vede, Meret. Hai polline su tutto il viso. Fuori l’aria è pungente, ma vedrai che stando qui in casa, al caldo, tra un po’ emaneranno una tenue fragranza» spiegò la mamma prendendo dalla credenza il bicchierino da liquore che usava anche per le viole. E continuò: « Dagli stimmi dei crochi si ricava lo zafferano, la spezia più costosa che si conosca: per ottenerne pochi grammi ne occorrono grandi quantità che vanno fatti essiccare prima di usarli e i fiori dei crochi sono così delicati che devono essere raccolti a mano. Ricordo di aver letto che Cleopatra usava lo zafferano per dare un bel colore dorato alla pelle…»

«Idea! Voglio farmi vedere dal babbo con il polline» disse Meret.

Tornò fuori. E per paura che la preziosa polverina le si cancellasse dal viso decise, mentre aspettava l’arrivo del babbo, che non poteva tardare, era già mezzogiorno, di starsene seduta sulla panchina, al sole, a guardare le nuvole.

 in Gazzetta di Parma, 21 marzo 2021 con il titolo La morbida costruzione al centro del ceppo