Rendere testimonianza

Rendere testimonianza

 

La prima a incominciare è stata la credenza. Ma andiamo con ordine. Tutto è iniziato con uno schiocco dietro le mie spalle. Interrompendo la lettura ho alzato la testa. Silenzio intorno. Le cose quiete, al loro posto. Ho ripreso a leggere. Ma un altro schiocco, simile al primo per intensità e potenza, è esploso subito dopo a poca distanza dalla poltrona. Provenivano forse dal portico? Mi sono alzata. Ho aperto la finestrella. La catasta di legna, lo stendino, le seggiole di plastica, la carriola, la vanga il rastrello la scopa… nell’ordine consueto.

Stavo richiudendo quando lo schiocco si è ripetuto. Meno forte, ma del tutto somigliante ai precedenti. Ben distinto. Veniva dalla credenza. Sì, dalla credenza. Non potevo sbagliare. Ero a un passo da lei. Contenta di aver individuato la fonte di quei rumori mi sono seduta e ho ripreso con avidità la lettura da dove l’avevo interrotta. Stavo infatti partecipando all’esplorazione artica di John Ross nel tentativo di scoprire il passaggio a nord-ovest. Avevo appena ripreso il mio posto di osservatore sulla “Isabella” (una ex baleniera) quando un suono piccolo, rotondo, morbido come una pallina di gomma, è risuonato nella stanza. Alla mia destra questa volta. Dove c’era solo un divano (eredità della zia) coperto di libri, quaderni, raccoglitori, carpette, giornali. Non avevo ancora finito di scrutare con attenzione quella brumosa distesa di carta, che uno sciame di scricchiolii, come moscerini, mi ha aggredito. Erompevano i-ne-qui-vo-ca-bil-men-te dalla scala di legno che portava allo studio. Subito zittiti (e mai più risentiti) da un colpo secco e sgarbato della credenza. Ma cos’ha questa credenza? Che ci sia finito dentro un topo? mi sono chiesta. Anche se con tre gatti in casa, abili cacciatori, mi pareva impossibile, compio il gesto coraggiosissimo (da rude marinaio) di aprire l’anta di destra che resta sempre un po’ socchiusa. I piatti, le zuppiere, i bicchieri, il servizio da tè, da caffè sembravano pacifici nel loro polveroso oblio. Mentre sposto qualche tazzina sui ripiani per controllare dietro, è esploso l’ultimo schianto. Alto. Acuto. Grave. Non c’era più alcun dubbio. Quelle esplosioni d’ira erompevano proprio da lei, dalla credenza. All’inizio il divano aveva risposto. Con garbo. Per farsi, alle sue continue sollecitazioni, sempre più laconico, alla fine tacere del tutto (come del resto gli scricchiolii della scala) intimidito forse dall’autorevolezza del mobile. Largo. Panciuto. Ben piantato.

Quando improvvisamente uno scroscio di pioggia si è abbattuto sui vetri delle finestre ho capito. Il legno risentiva dell’umidità dell’inverno. Si tendeva. Si dilatava. Si contraeva. Provocando quegli scoppi multipli e variati. La credenza di castagno, scura, massiccia, la più vecchia tra i mobili, era stata la prima a risentirne. A dolersi per la brutta stagione. Poveretta. Bisognava capirla.

Testimonianza scritta e sottoscritta da Anna Maria Dadomo, in Parma, Anno Domini 2021.

 

in Gazzetta di Parma con il titolo Anche le credenze hanno una loro voce, 10 gennaio 2021