Le ali gialle della farfalla

Le ali gialle della farfalla

 

Mi imbattei in lei un mezzogiorno canicolare di metà luglio. Era nell’erba. Le ali aperte. Grande. Bellissima. Mai, in tanti anni che abitavo lì in campagna, l’avevo vista. Mai. Non volò via neppure quando  mi avvicinai, e mi piegai su di lei. Era già morta. Essiccata.

Con ogni riguardo la presi tra il pollice e l’indice e la portai in casa, come un tesoro. E davvero lo era tanto era bella. Le trapassai il torace con uno spillo e la fissai a un cartoncino per osservarla meglio. Era magnifica. Impaziente di conoscerla, di saperne il nome, la cercai nel libro Farfalle e falene. Eccola. Questo splendido lepidottero apparteneva alla famiglia dei papilionidi, della specie Iphiclides podalirius, e prendeva il nome da un personaggio della mitologia greca, Podalirio, celebre medico, pretendente di Elena, che si era distinto nella guerra di Troia. Le ali, di un giallo pallido, erano attraversate da strisce trasversali nere a forma di V; quelle posteriori presentavano ciascuna una macchia arancione-azzurra come piccoli occhi e avevano il margine esterno nero, dentellato e contornato da un tratto di colore blu e giallo a forma di semiluna, terminavano con due code lunghe e scure come le code delle rondini. Il corpo era dello stesso colore delle ali: giallo pallido percorso da linee nere. L’apertura alare variava dai 6,5 ai 9 centimetri. Imparai anche che la specie a cui apparteneva non poteva essere considerata dannosa perché “cresce e si nutre su piante arbustive, in particolar modo sul prugnolo (Prunus spinosa). Solo dove manca questo arbusto, può nutrirsi di piante da frutta quali il ciliegio, il pesco e il mandorlo…”. Ma intorno a casa questi alberi non c’erano più perché sacrificati, tempo prima, alla costruzione della nuova strada e quindi la farfalla doveva essere stata attratta dal Prunus selvatico che aveva ricominciato a crescere un po’ ovunque e dai fiori della lavanda sui quali – stando al libro – “si sofferma a lungo per nutrirsi” (e infatti l’avevo raccolta poco lontano dal grande cespuglio aromatico e fiorito). La contemplai a lungo. Le macchie ocellate (questo il termine esatto) arancioni e azzurre erano così belle e ipnotiche che non avrei mai smesso di guardarle, e anche le lunghe code vistose con apici chiari e le antenne nere “fortemente clavate”. Mi accorsi, continuando la lettura, di non provare ripulsa nemmeno alla descrizione della larva “che ha un aspetto simile ad una piccola limaccia dal corpo verde con linee gialle e a volte presenta macchie rosse”. Avevo promesso al bosso che per sempre avrei odiato le farfalle, che non le avrei più guardate (le avevo persino maledette) perché le larve della Cydalima Perspectalis lo avevano ucciso mangiandolo con oscena ingordigia. E adesso, dopo solo due anni, ecco che tradivo la promessa fattagli per il podalirio. Che fare? (E poi, a settembre, l’ho vista, più piccola, volare un volo lento e leggiadro nel campo incolto e assolato. E mentre volava, la scrivevo.)

 

in Gazzetta di Parma, 7 ottobre 2018