Meret e l'albero di Natale
Meret e l’albero di Natale
Quella domenica pomeriggio Meret e il babbo (la mamma purtroppo era costretta a letto da un fastidioso raffreddore) decisero di andare a trovare la nonna.Dopo gli abbracci e i saluti, Meret, come al solito, corse fuori a cercare la gatta Bianca. E stava appunto perlustrando intorno a casa quando si imbatté in una verde piantina che spuntava da una fenditura del marciapiede. - Un pino! - disse con stupore. E tornò in fretta dal babbo.
- Ah, bene, Meret, eccoti qui: la cioccolata è pronta.
- Prima devo farti vedere una cosa - e presolo per mano lo tirò verso la porta e lo condusse alla piantina. - Guarda dov’è nato un pino.
Il babbo si piegò per osservare meglio. - Non è un pino, è un peccio comune.
- Un peccio? Cos’è un peccio? - chiese Meret facendo tanto d’occhi perché mai prima d’allora aveva sentito quella parola.
- Il peccio è l’abete rosso, “Picea abies”. E’un albero molto bello: intanto è un sempreverde, ha un portamento a piramide verso il cielo, gli aghi (le sue foglie) sono inseriti singolarmente sui rametti, e non riuniti in mazzetti come nei pini per mezzo di un tappo chiamato pulvino, le sue pigne sono pendule e non erette e …non fare quella faccia, lo conosci benissimo anche tu: è l’albero di Natale.
Meret sorrise, sentiva la pianta meno estranea. - Hai visto dov’è cresciuto?
- Il vento dell’autunno ha infilato il seme nella crepa del cemento dove ha dormito per tutto l’inverno. Con le piogge di primavera è germogliato diventando piano piano questa simpatica, tenace piantina. E’ stato fortunato il piccolo seme del peccio.
- Peccio è una parola buffa - insistette Meret. - Mi fa ridere.
- Deriva dal latino pix, “pece”. Da qui “picea”: pianta che dà la pece. La pece è la resina che si ricava incidendo la corteccia del suo tronco e che serviva per chiudere le fessure del fasciame delle navi e … cosa facevano gli abitanti dei castelli o delle città in caso d’assedio?
- Gettavano dall’alto delle mura la pece bollente sui nemici.
- Brava. Proprio così: usavano la pece per difendersi…anche se in verità era utile per molte altre cose. Questo abete però è in pericolo: crescendo le sue radici non troveranno il terreno adatto e di conseguenza ben presto morirà se non lo togliamo da qui. Nel capanno degli attrezzi c’è tutto quanto ci occorre per portarlo in salvo. Prima però andiamo a bere la cioccolata, la nonna si starà preoccupando non vedendoci tornare.
La cioccolata era buonissima e la gustarono con dei deliziosi biscottini di pastafrolla. - Adesso, al lavoro - disse il babbo deponendo la tazza sul piattino.
Dal capanno prelevarono: carriola, vaso, paletta, annaffiatoio, sacco di terra…e, essenziale, il piccone da montagna del nonno, quindi tornarono al marciapiede.Bastarono poche e vigorose picconate perchè il vecchio cemento andasse in frantumi.
- Eccola in salvo! - esclamò felice Meret estraendo la piantina con molta facilità.
L’abete fu trapiantato nel vaso, caricato sulla carriola, portato vicino alla porta d’ingresso. Mentre il babbo riponeva gli attrezzi e cercava alcune assi per coprire la cavità (avrebbe provveduto in seguito a chiuderla, ormai faceva buio) Meret entrò in cucina con l’annaffiatoio per prendere un po’ d’acqua. Quando uscì per bagnare la terra, la nonna, incuriosita da tutto quel trambusto, si fece sulla soglia.
- Hai visto nonna? Io e il babbo abbiamo salvato il peccio. Quest’anno sarà lui il mio albero di Natale. Lo addobberò con candeline rosse, palline colorate, pupazzetti di zucchero…sarà bellissimo. E rivolta all’abete proseguì: - Hai sentito, piccolo peccio? Cresci in fretta. Non te ne pentirai.
in Gazzetta di Parma, 27 novembre 2016