Il mio gatto è un unicorno
Il mio gatto è un unicorno
Quando tengo in grembo il mio gatto Pandus dal folto mantello bianco, dalla lunga magnifica coda anch’essa bianca - le due piccole macchie nere sulle orecchie e attorno agli occhi che gli valgono il nome del noto mammifero,il Panda, in più latinizzato, si notano appena - ben proporzionato e agile mi viene spontaneo considerarlo un unicorno.
E’ vero che è sprovvisto di corno, ma io supplisco a questa mancanza, all’apparenza insormontabile, perché convinta che Pandus, cacciatore formidabile, intrepido e avventuroso, deve averlo lasciato sul terreno in uno dei tanti combattimenti sostenuti prima che ci incontrassimo. Ricordo ancora la mattina di primavera, in giardino, quando per la prima volta lo vidi avanzare stancamente lungo lo stradello, il pelo insanguinato, le orecchie a brandelli e accasciarsi ai miei piedi e di come io subito decidessi di curarlo per quell’evidente, muta richiesta di aiuto. Dopo aver sostenuto due operazioni alla gola tanto la ferita era profonda, guarì lentamente e forse perché il posto risultò confacente ai suoi gusti e così io stessa, la sua padroncina, come mi piace considerarmi, per le cure sollecite e amorose che gli prestai durante la convalescenza, elesse a sua residenza la casa in cui aveva trovato rifugio e salvezza, e il vasto giardino intorno a suo terreno di caccia. Uccellini dal piumaggio mirabile, scoiattoli dalla coda fulva, lucertole intorpidite dal freddo, topini di campagna, ratti cittadini (il parco è circondato dalla città) e gatti che sconfinavano ignari del pericolo cui andavano incontro, divennero - e restano tuttora - il suo passatempo preferito pari solo alle lunghe dormite consumate d’inverno sopra la stufa, d’estate sulla balaustra sotto il pergolato del glicine. L’ultima lotta, l’ultimo corpo a corpo affrontato, e a cui casualmente ho assistito confermando di fatto le mie supposizioni, è stato un giorno d’estate quando, uscita a stendere il bucato – mi piace col bel tempo stendere le lenzuola al sole e vederle sbattere all’aria come si faceva una volta - deposta la vaschetta, fui distratta da un rumore improvviso alle mie spalle e giratami a guardare in quella direzione vidi Pandus avvinghiato a una lunga biscia che in nere spire gli si attorcigliava al corpo. Capii che il momento culminante della lotta quando tutte le forze sono impegnate a fronteggiare e battere l’avversario era già superato perchè Pandus, dopo quell’impennata, rimase semisdraiato sulle foglie triturate e l’erba sgualcita battendo ritmicamente la coda sul terreno, guardandosi attorno con aria apparentemente distratta, in realtà vigile e attenta: bastava infatti che la biscia , la cui coda spuntava da sotto la pancia, tentasse una contorsione, avesse un sussulto, che un brivido la percorresse con manifesta intenzione di divincolarsi, sgusciare via dalle sue grinfie, mettersi in salvo che lui l’inchiodava al suolo con la zampa volgendosi verso lei quasi infastidito. In quel momento il gatto non aveva niente dell’animale riservato e pacioso che ero abituata a vedere, ma selvatico e indomabile – un unicorno appunto - rientrava nell’immaginario fantastico della cultura medioevale e rinascimentale insieme a grifoni, draghi, sirene basilischi e manticore mai repertoriati dai naturalisti. Com’era reale infatti quell’apparizione bianca, ineffabile e inaspettata all’ombra delle magnolie. Avevo ragione. L’unicorno che ha popolato l’immaginario umano per secoli in virtù del suo corno ( altro che dente di narvalo!) piantato in mezzo alla fronte, così ricercato perché guariva dalle malattie, toglieva i veleni, rendeva potabile l’acqua agli animali, allontanava la morte ai moribondi …inviato persino come dono da papa Clemente VII al re Carlo di Francia per augurargli buona sorte e proteggerlo dagli eretici viste le proprietà, era sì potentissimo ma altrettanto delicato, e non c’era più alcun dubbio ( non ne avevo appena fatto esperienza diretta?) che Pandus l’avesse perduto durante uno scontro feroce come quello a cui in parte avevo assistito. Lasciai il gatto-unicorno a trastullarsi vittorioso e crudele con la sua preda pensando, mentre mi allontanavo alla chetichella, a quanto fossi fortunata a condividere le mie giornate con un animale che gironzolava per casa, ripuliva, non visto, padelle e zuppiere, russava vicino al fuoco, premeva, nei momenti di grazia assoluta, il suo naso sulla mia guancia e faceva le fusa come un qualsiasi gatto domestico…nascondendo in realtà una natura magica e fantastica. Un mistero trascendente. Certo, bisognava avere occhi per vedere tutto questo in Pandus, ma una volta affidatisi alla potenza dell’immaginazione, al richiamo del meraviglioso non era per niente difficile. Anzi.
in ALI (Associazione Liberi Incisori - Bologna ) 2014 - Tema: Chi non si maschera ?