Meret e il regalo di Natale

Meret e il regalo di Natale

Erano iniziate le vacanze di Natale. Meret si alzava un po’ più tardi del solito, faceva colazione e subito dopo  andava in cerca di muschio  per fare il Presepe. Quella mattina, con il cestino infilato al braccio, si era diretta verso un angolo del parco poco frequentato con la speranza di trovarlo“come intendeva lei: bello grasso elucente”. Arrivare fino là, dove un’alta recinzione segnava il confine tra il paco e il quartiere nuovo, era anche “molto avventuroso” perché bisognava attraversare una fitta selva di giovani germogli che s’impigliavano agli abiti e tiravano da tutte le parti quasi volessero trattenerla; e fare attenzione a non incespicare nei tralci della vitalba nascosti nell’erba umida.

 

Passando vicino alle arnie abbandonate, Meret notò come sui mattoni che ancora tenevano fermi i tettucci zincati, fossero cresciuti panetti di muschio con semi marroncini ritti sugli steli come spilli. E come sotto al grande faggio le foglie cadute formassero davvero, come si diceva e leggeva nei libri, un tappeto folto e colorato dov’era piacevole camminare. Fatta una piccola deviazione per raggiungere più in fretta la recinzione, Meret s’imbatté in un albero spezzato dalla corteccia scura, qui e là ricoperta di muschio, e  grandi funghi anneriti dalla forma ad orecchio sporgenti come piccole mensole.

- Ma questo è il vecchio melo! -  esclamò non senza stupore.

Meret lo conosceva bene perché tante volte era andata a raccogliere le sue meline verdi e profumate.

 - È morto, povero albero.

Alla fine del troncone, proprio all’altezza del suo naso, si apriva una cavità non molto profonda con legno sfarinato e cespuglietti di licheni frondosi ormai secchi, senza vita; mentre ai suoi piedi, coperto di edera e di altri bellissimi licheni che assomigliavano - pensò Meret - ai centrini che faceva la nonna all’uncinetto, c’era l’altra parte del tronco con i rami già in gran parte decomposti. Lasciato lì il cestino, Meret tornò subito a casa per rivelare la scoperta alla mamma. La mamma però sapeva già del vecchio melo abbattuto.

- Purtroppo non ha retto alla nevicata di quest’inverno. È stato un albero bello e generoso. Mi era molto caro.

E raccontò di una primavera in cui andava ogni giorno ad ammirarne la fioritura perché i suoi fiori bianchi e rosa, il suo profumo, e le api che vi bottinavano golose le infondevano una grande serenità, una grande pace che si comunicavano anche alla bambina che portava in grembo e che di lì a poco sarebbe nata.

Meret si illuminò di gioia al racconto della mamma perché non c’era da sbagliarsi: quella bambina era proprio lei. Felice si lanciò tra le sue braccia. E in quel mentre le venne un’idea. Senza dire niente cercò in solaio (dove c’è sempre tutto) una scatolina di cartone, tolse la polvere, strappò un foglio dal quaderno a quadretti e vi disegnò un grande albero con tronco foglie fiori e meline verdi tutt’intorno, lo piegò, lo pressò nella scatolina che avvolse in carta dorata con un nastrino rosso come decorazione.

-  Per chi è questo bel pacchettino? - domandò la mamma.

- È un segreto segretissimo - rispose Meret - lo dirò solo la notte di Natale, - e corse fuori tutta allegra.

Tornata all’albero del melo: - Ecco un regalo per te, caro albero. Un regalo di Natale. Ti piacerà.

Depose la scatolina nella cavità del tronco e la nascose per bene sotto fili di muschio e foglie secche, le gazze sono ladre e se vedono luccicare qualcosa arrivano subitoe i topi rosicchiano tutto, anche la carta.

- Ho fatto un bel lavoro, mi sembra, non si vede niente. Domani mattina tornerò a controllare. Però adesso se non voglio farmi sgridare dalla mamma devo proprio andare a prendere il muschio: è ora di fare il Presepio.

 

 in Gazzetta di Parma, 20 dicembre 2015