Gli orecchini verdi nel cassetto
Gli orecchini verdi nel cassetto
“Furono aperte due casse a lungo riposte in un luogo segreto di Monte Giordano. Si trattava delle cose più preziose appartenute ai corredi della madre Francesca e della nonna Costanza (…) Di fronte ai loro occhi si dispiegarono leggeri, quasi avessero vita propria, camicie e fazzoletti di seta con preziosi ricami d’oro e d’argento, impalpabili cuffie di rete dorata, nastri di seta di ogni colore, morbidi panni da spalle, asciugamani di seta con ricami colorati e frange d’oro, lenzuoli di finissimo lino. L’oro risplendeva in ogni cosa (…)”
Sollecitata dall’elenco e dalla descrizione di quei tesori femminili, la sua immaginazione si era subito infiammata e, man mano che venivano estratti dalle casse, se li figurava uno ad uno con chiarezza e stupore crescente. Che meraviglia. La stessa che da bambina la coglieva quando, dopo essersi arrampicata sullo sgabello imbottito, tirava il primo cassetto del comò quel tanto che le consentiva di gettare uno sguardo all’interno, infilare la mano, aprire la scatola di cartone bianco e restare incantata davanti al velo ricamato, ai bottoncini dei guanti di raso, al libretto di madreperla con il calice d’oro in rilievo, alla coroncina di fiori bianchi, alle monete d’oro ricevute in regalo : i ricordi della sua Prima Comunione : un vero tesoro ai suoi occhi di bambina. Che non osava neppure toccare, solo guardare affascinata sfiorando con dita trepidanti quelle cose che per un breve, troppo breve momento, erano state sue. Un attimo era durata la mattina in cui le aveva indossate, il tempo della funzione religiosa in chiesa, che già, al ritorno a casa, aveva dovuto togliere e riporre prima di sedersi a tavola per non sporcare il vestito, le scarpe. Ah, poter prendere la scatola, andare a nascondersi in un posto segreto e bearsi fino a sazietà di quegli avanzi di plissettatura, di quelle mollettine, di quei mughetti un po’ schiacciati ma quanto ancora seducenti, di quei cordoncini di raso che chiudevano i sacchetti delle poche bomboniere rimaste… Ah, se la mamma le avesse permesso di mettersi nuovamente il velo, di infilare i guanti, di tenere sulle ginocchia la borsettina di tulle leggera come una nuvola…come sarebbe stata felice. Non sarebbe uscita di casa, non sarebbe andata per i campi, per le pietraie del Trebbia, non si sarebbe sporcata – doveva crederle, lo giurava – sarebbe stata lì in cucina con lei, seduta sulla sedia ferma, immobile. Come una bambola.
Ma la mamma - sapeva - non avrebbe creduto ai suoi giuramenti: troppe volte aveva trasgredito, troppe volte infranto le promesse. Richiudeva a malincuore la scatola, il cassetto, rimetteva lo sgabello al suo posto davanti allo specchio della toilette, usciva alla chetichella dalla camera aspettando il momento di passare davanti alla porta a vetri della cucina dove la mamma, china, continuava a cucire. Sgattaiolava giù per le scale, e poi, per strada, camminava senza vedere niente sotto lo stordimento di quella visione, di quei bagliori, di quel desiderio.
Chiuse il libro. Fuori il verde trionfo della primavera. L’erba. Le piante. La fioritura dei biancospini. Dei pruni selvatici. Il cielo di un azzurro tenero, commovente. Tutto le parve incantevole: la stagione, il libro, la vita. Andò in camera, tirò il cassetto del comò (sì, il primo, sempre quello) prese dalla custodia gli orecchini verdi a chandelier, grandi, barocchi, con pietre verdi strass e fili d’oro. Perfetti. Sorrise. Quando mai li avrebbe indossati? si era chiesta ricevendoli in dono a Natale. Che sciocca era stata a pensarlo.
in Gazzetta di Parma, 27 marzo 2016