Prefazione di Davide Barilli a IL PROFUMO DI IERI

 

Non so se esiste, fra le pagine critiche sulla letteratura femminile parmigiana, uno studio complessivo delle voci più significative; se qualcuno ha compulsato (e se la risposta fosse negativa questa breve nota vale come invito a farlo) le vibrazioni  delle eredi di Bruna Piatti o di Lea Quaretti, solo per citare due nomi fra i più  significativi del Secolo breve. Di certo, in tale ottica, andrebbe valorizzato, con il dovuto risalto, il percorso lento e silenzioso di Anna Maria Dadomo. Una voce, la sua, di comprovata evidenza, asciutta e precisa, nella continua ricerca di un dialogare continuo con un narrare empatico. Termine, quest'ultimo, slegato da disegni morali o peggio didascalici. Empatico, parlando dei racconti della Dadomo, significa infatti percorrere il tempo dell'esistenza in funzione anti retorica. È, il suo narrare, un percorso ignaro delle mode del momento.   Parlo, in particolare, di questi brevi testi, pubblicati nel corso degli anni(2000-2017) nella rubrica della domenica della Gazzetta di Parma: racconti mai d'occasione, meditati e felici che colpiscono per la continua, ossessiva, presenza di trame giocate su storie dichiaratamente semplici. Rapporti parentali, amicizia, amori, legami, rêverie, che incidono vite solo apparentemente banali, facendo emergere corrispondenze e emblemi che trovano la loro ragione segreta, molto spesso, nel calendario delle stagioni e nelle figure di un bestiario domestico. In queste storie antidogmatiche, lineari e implacabili, di colpo compare un graffio, una menda, un nodo nel tessuto che rivela un mondo, una spaccatura del risaputo, come quelli di cui parlava Italo Calvino riferendosi ai tappeti degli indiani navajos nel saggio introduttivo di Messico di Emilio Cecchi. Ecco, Dadomo incide -usando il bisturi della scrittura - pertugi che attraversano la pagina lieve di storie su cui si aprono ferite emblematiche, quelle che il trascorrere del tempo riserva a chi cerca il battito vitale in una natura non certo madre o matrigna, ma sfondo fisico in cui si sviluppano le lente, ossessive, presenze di figure confinate da un essere preda di domande irrisolte. Si tratta di una narrativa che nel frammento trova le proprie ragioni per aprirsi al mistero, facendosi in qualche modo -  forte della propria cifra icastica- essa stessa misteriosa e insondabile, come insondabili sono l'animo umano e le sue profondità.  

                       

                                  Davide Barilli

 scrittore, responsabile della pagina culturale della Gazzetta di Parma